ROSSO NAPOLETANO

 

Serena Autieri

in

ROSSO NAPOLETANO

Quattro giornate d’amore

 

scritto e diretto da Vincenzo Incenzo

Coreografie – Bill Goodson

Direzione Musicale – Vincenzo Campagnoli

Scenografia – Roberto Crea

Costumi – Concetta Iannelli

 

prodotto da Enrico Griselli per Engage

 

 

 

 

Una nota di Vincenzo Incenzo

 

Serena Autieri raccoglie il canto di libertà di un popolo che, armato solo del suo orgoglio e della sua geniale creatività, ispirato dalla forza inarrestabile del suo Vulcano, durante le Quattro Giornate di Napoli insorse contro l’oppressione per salvare i suoi figli e la sua ricca e gioiosa identità.

Dodici personaggi e un grande corpo di ballo gravitano tra le rovine di una Napoli allo stesso tempo contingente e fuori dal tempo, che in una sorta di astrazione temporale parla e partecipa, come un coro greco, per bocca dei suoi murales contemporanei.

Rosso è il colore dell’amore, della passione, della superstizione, del pomodoro, del sangue, del fuoco, della rabbia, della preghiera e della resistenza.

Rosso è il colore del magma, che ribolle eternamente nel Vesuvio così come quel meraviglioso e salvifico patrimonio musicale, che canta incessantemente dal ventre della città per quell’urgenza unica di vivere e di inventarsi.

Insieme alla musica, allo spirito popolare, all’ironia, ai vicoli e ai femminielli, al caffè e alle superstizioni, alle Madonne e alla pizza, va in scena l’anima nobile, spregiudicata e intramontabile di Napoli capitale d’Europa.

 

Napoli è do di petto nella bocca del mediterraneo, che risuona dai bagnasciuga della Turchia, della Spagna e dell’Africa.

Napoli è cucita a mano con spregiudicato talento intorno ad una emorragia di lava.

Napoli ha la pelle scura, i capelli ricci, gli occhi a mandorla e il naso greco. È un utero svergognato e mistico, che caccia i padri e trattiene i figli.

Il suo sipario è il mare, il suo palcoscenico è il dietro, comico, appassionato e terribile.

Napoli è carcere senza chiave e domicilio sublime, sbracciarsi di madonne invocate e ansia di numeri in sonno. Il suo dio si è licenziato dal cielo e fa capoccella dalle quinte nere dei vicoli, a passo di tarantella, immolandosi nel sangue sciolto, nella primiera e nei corni in tasca.

Napoli ama talmente tanto la sua lingua da ingravidarla; le sue parole hanno la pancia gonfia e i piedi per aria: non più amore, ma ammor’.

Napoli fa miracoli, trasforma farina, pummarola e caffè in luoghi dell’anima.

Napoli mischia origine e destino, lacrime e salsedine, gioia e disperazione.

 

Napoli è inno eterno alla vita.

 

E non dobbiamo mai smettere di celebrarla.

 

 

Sinossi

 

Settembre 1943. Alla notizia dell’armistizio, Napoli è in festa; anche la panettaia Carmela, ragazza madre, riapre felice il suo forno. Un soldato tedesco, Rafael, approfitta della festa per dichiararsi a lei. Ma dopo poche ore Hitler, dichiarando il tradimento dell’alleata Italia, incarica il colonnello Scholl di prendere il comando di Napoli e punire ogni disertore.

Carmela e Rafael si ritrovano tragicamente separati. Dopo i primi tragici eventi, l’uccisione da parte dei nazisti del marinaio Andrea, scatena la rivoluzione; anche il Professore Ferdinando, che ha avuto una storia con la vedova Donna Rosa, mamma di Carmela, e che da anni rivendica la non chiara paternità della figlia, si organizza, con scugnizzi e volontari, forte del suo improbabile passato in politica.

Un fugace incontro tra Carmela e Rafael è però fatale alla ragazza, spiata da alcuni Napoletani e accusata di infamia.

In attesa di essere fucilata come delatrice, viene tenuta prigioniera.

Rafael, in una ronda notturna, organizzata per sequestrare uomini da portare in Germania, irrompe casualmente nella casa di Carmela e conosce la madre e il Professore. Salva loro la vita e apprende che Carmela è tenuta prigioniera dagli stessi Napoletani.

Rafael, allo scopo di liberarla, in un atto estremo e disperato uccide un Napoletano e prende i suoi vestiti. Ma nel momento di fuggire mimetizzato con lei, un militare tedesco, scambiandolo per un vero Napoletano spara su di loro. Rafael oppone il suo corpo, salva Carmela ma rimane ucciso.

I Napoletani accorsi vedono il corpo di Rafael ai piedi di Carmela e riconoscendo il tedesco credono ad un atto eroico della ragazza, che si riscatta ad un prezzo tragico e beffardo nei confronti della comunità.

La città intanto, dopo una strenua ed eroica resistenza, si libera degli oppressori.

Un nuovo sole per Napoli liberata si alza in cielo, mentre Carmela, con la figlia in braccio, va incontro al suo sconosciuto destino.

 

 

Serena Autieri

en

ROSSO NAPOLETANO

Cuatro dias de amor

 

escrito y dirigido por Vincenzo Incenzo

Coreografía – Bill Goodson

Dirección musical – Vincenzo Campagnoli

Escenografía – Roberto Crea

Disfraces – Concetta Iannelli

producido por Enrico Griselli para Engage

 

 

 

Una nota de Vincenzo Incenzo

Serena Autieri recoge la canción de la libertad de un pueblo que, armado solo con su orgullo y su ingeniosa creatividad, inspirado por la fuerza imparable de su Volcán, durante los Cuatro Días de Nápoles se levantó contra la opresión para salvar a sus hijos y a sus hijos. identidad rica y alegre

Doce personajes y un gran cuerpo de ballet gravitan entre las ruinas de un Nápoles al mismo tiempo contingente y fuera de tiempo, que en una especie de abstracción temporal habla y participa, como un coro griego, a través de la boca de sus murales contemporáneos.

El rojo es el color del amor, la pasión, la superstición, el tomate, la sangre, el fuego, la ira, la oración y la resistencia.

El rojo es el color del magma, que hierve eternamente en el Vesubio, así como esa maravillosa y salvífica herencia musical, que canta incesantemente desde el vientre de la ciudad por ese impulso único de vivir e inventar.

Junto con la música, se escenifica el espíritu popular, la ironía, los callejones y las callejuelas, el café y las supersticiones, las Madonnas y la pizza, el alma noble, sin prejuicios y atemporal de Nápoles, capital de Europa.

Nápoles está de frente en la boca del Mediterráneo, que resuena en las costas de Turquía, España y África.

Nápoles está cosida a mano con talento sin escrúpulos en torno a una hemorragia de lava.

Nápoles tiene piel oscura, cabello rizado, ojos almendrados y nariz griega. Es un útero desvergonzado y místico, que caza a los padres y sostiene a los niños.

Su telón es el mar, su escenario es la espalda, cómico, apasionado y terrible.

Nápoles es una prisión sin llave y un domicilio sublime, lleno de madonnas invocadas y ansiedad por los números dormidos. Su dios fue despedido del cielo y hace una capoccella a partir de las escenas negras de los callejones, a un ritmo tarantela, inmolándose en la sangre disuelta, en la primavera y en los cuernos en su bolsillo.

Nápoles ama tanto su idioma que lo empapa; sus palabras tienen el vientre y los pies hinchados en el aire: ya no amaba, pero hizo el amor.

Nápoles hace milagros, transforma la harina, la pummarola y el café en lugares del alma.

Nápoles mezcla origen y destino, lágrimas y salinidad, alegría y desesperación.

Nápoles es himno eterno a la vida.

Y nunca debemos dejar de celebrarlo.